Lisbona 2012. Pessoa o del re interiore
dell'europa
di Andrea Scarabelli
(in Aa. Vv., Per quale motivo Israele può avere 400 testate atomiche e l'Iran nessuna? L'impero interiore, Edizioni La Carmelina, Ferrara 2013)
http://www.edizionilacarmelina.it/?page_id=613
LISBONA,
NOVEMBRE 2012. Ultimo
atto: in capo all'Occidente – oltre
ultra
– il Portogallo attende ancora il suo re perduto, disperso in
guerra contro i mori e mai più ritrovato, almeno nelle sue spoglie
mortali. Quella di Ksar
El
Kebir fu
una missione suicida, a tutti gli effetti.
Poche
divisioni di europei innanzi a schiere sterminate di musulmani. Ma
Dom Sebastiao seppe che ciò era necessario. Il suo sacrificio
avrebbe fecondato la terra. L'esercito decimato, il corpo del Re mai
rinvenuto. Perito? Nessuno volle crederlo. Dipartito nelle Isole
Fortunate – declinazione lusitana di Avallon Unterberg
Gudenberg
Kiffhäuser – tuttora se ne attende il ritorno.
Lisbona,
novembre. “Guai a te Lusitania, che dominerai su tutte le nazioni,
poiché verrà il tempo in cui la tua luce si spegnerà; ti troverai
sotto i piedi degli altri, che ti romperanno, come se fossi un vaso
di coccio, e porteranno via le tue ricchezze e i tuoi tesori; allora
sarai tributaria, gemerai, e di tutti coloro che ti amavano nessuno
ti consolerà. Il tuo onore sarà diventato diverso, la tua gente
distrutta, le tue
città conquistate dagli infedeli”, scriveva Pessoa,
profeticamente. La antica potenza imperiale – l'odierna colonia
finanziaria. Ecco gli infedeli di cui sopra. Finis
terrae.
“In principio era la parola e la parola veniva tradita” (E. P.).
Leggendo la filigrana del passato s'intravvede la miseria del
presente. È la nostra disgrazia – ma forse anche il principio
della salvezza.
Lisbona,
oggetto di queste pagine, assurge a simbolo dell'Europa
intera, in bilico tra il ricordo di un re scomparso e la speranza in
uno che si attarda a risorgere, dal cuore della montagna o nell'isola
nella quale giace, assopito, sognando il suo Impero. Il suo sogno è
l'Europa, destino millenario ceduto a grigi burocrati tecnocrati
plutocrati. Il Re dorme ancora.
Ma
valle a spiegare queste cose ai banchieri, alle Fraulein
e ai professori, ai detentori dell'Euro, unica madrelingua di un
Occidente che ha abdicato al compito di darsi una forma, di
assegnarsi un compito, di regalarsi un'identità. Valle a spiegare a
codesti signori – trova, se ti riesce, qualcuno disposto a
processarli; quale corte potrebbe giudicarli, quale tribunale
inchiodarli ai loro misfatti (E. P.)?
Certo, la posta in gioco è abissale: si tratta
di rinunciare alla possibilità di stabilire una linea di continuità
tra un glorioso passato, un presente incerto e un futuro quanto mai
incombente, indovinabile solo tramite diagrammi ed istogrammi,
vaticini dell'oggi. Il Portogallo. L'Europa.
Entrambi
attendono il Re. E c'è ancora chi, in mattinate di nebbia, memore
dell'antica profezia, si azzarda: “Ora torna D. Sebastiao”. Ma il
sovrano si fa desiderare. E invano ci si attarda a cercarne i
lineamenti nel demagogo di turno, quand'anche nel professionista
sportivo o televisivo. Translatio
imperii
modernissima.
Eppure,
lo stesso Pessoa chiarì, in modo non
passibile di fraintendimento alcuno,
i termini di questo auspicio. Il Portogallo – ma qui potremmo
estendere il discorso all'Europa intera – ha sempre atteso il
ritorno fisico del sovrano. Mancando questa
figura, è avvolto da una cappa di passatismo incapacitante –
saudade
crepuscolare che paralizza l'azione. Coltiviamo il sogno del re nei
nostri cuori ed esso risorgerà, calcherà nuovamente la scena della
storia continentale. Sarà un nuovo inizio, di certo – ma tutto il
resto dovrà prima colare a picco. Questa la Via della Mano Sinistra
pessoana: “Iniziamo a inebriarci di questo sogno, ad integrarlo in
noi, a incarnarlo. Fatto questo, ciascuno di noi in indipendenza e da
solo a solo con sé, il sogno si propagherà senza sforzo in tutto
quello che diremo e scriveremo, e l'atmosfera sarà creata (…).
Allora si formerà nella Nazione il fenomeno imprevedibile da cui
nasceranno le Nuove Scoperte, la creazione del Mondo Nuovo, il Quinto
Impero. Sarà ritornato il Re Don Sebastiano”.
Forse
occorre ripensare la venuta del desejado,
dell'encoberto,
del sovrano, da intendersi in modo affatto diverso da quanto accaduto
sinora? Forse che l'oro a cui anelare non sia quello volgare
(così detto dalla sapienza ermetica) con il quale oggi si ricattano
i popoli, ipotecandone il futuro, ma quello celeste – solare – da
realizzarsi sub
specie interioritatis?
E invece no: noialtri si attende il Re dalle Isole Fortunate. E la
deriva continua.
Il
nascondimento del Re – questo il messaggio di cui l'attuale dramma
lusitano può farsi latore – non è altro che un modo d'essere
nostro.
La sovranità di cui sopra non deve palesarsi fisicamente ma fare
capolino come disposizione essenziale ad accoglierla e ridestarla al
nostro interno, appunto. Abdicando al compito di assegnarci un
destino, abbiamo cacciato il Re presso Avallon, le Isole beate,
chiamiamolo come ci pare. Questi luoghi non sono fisici ma prima di
tutto esistenziali. Non si giunge ad Avallon tramite navi o aeroplani
ma attraverso una metanoia.
Questo il bivio che attende l'Europa.
Insomma,
vi è ritorno e ritorno. L'uno esterno, per così dire, materiale, e
l'altro interiore, spirituale. Il primo dà come risultato la
nostalgia per un paradiso che nasce già
in quanto perduto, il secondo si configura invece come esperienza
immortalante, come destino.
Ebbene,
il Re di cui parla Pessoa è del tutto interiore – non che si
risolva nel subconscio, beninteso, come certuni vangeli moderni
pretendono di assumere – e ha da essere raffigurato come un
compito, un anelito, uno stato da conseguirsi. E la sovranità è il
destino dell'Europa. Nazionalismo mistico: così Pessoa definì
questa Grundstimmung,
variazione modernissima di una disposizione assai antica.
Il
re esige una metanoia,
prima di comparire, o chi lo riconoscerà? La venuta del sovrano è
dapprima interiore: è sufficiente ridestare il monarca in sé per
poi – alchemicamente – proiettarlo fuori di sé. Questa l'unica
via moderna alla sovranità, del tutto europea. Un'ascesi solare,
regale, che veda nel monarca fisico un simbolo – e nulla di più –
di un iter
da realizzarsi a livello individuale, qualsiasi altra possibilità
essendo relegata alla maledizione della saudade,
per l'appunto. Al pari del nichilismo europeo, naturale esito di un
dio cercato fuori di sé e eteroconseguito, e non sorpreso nella
propria interiorità.
Una
soluzione moderna ad un problema insolubile, laddove nella modernità
ci si radichi. È una risposta tradizionale alla crisi. Non si
guarisce dalla malattia utilizzando i suoi stessi strumenti –
persino la Via della Mano Sinistra richiedendo, in effetti, un
orientamento superiore. Monito dirimente, al fine di superare
l'impasse
del capitale che la modernità esibisce quale suo tratto
preponderante: quando la partita è organizzata e diretta da bari,
occorre essere risoluti e rovesciare la scacchiera, come scrisse
Jünger – solo così il Re interiore dell'Europa risorgerà.
Lisbona.
Alla stazione del Rossio, una raffigurazione di Lima de Freitas
mostra Fernando Pessoa, tra le mani una copia de La
via del serpente,
incoronato di gloria. Due serpi si rincorrono per tutta l'estensione
del dipinto, srotolandosi da Christian Rosenkreutz alle stelle.
Pessoa va a costituire l'asse di un caduceo ermetico, di quel caduceo
che è il Portogallo – ma forse l'Europa intera, che ha da
riconoscersi come realtà assiale, verticale, prima che aggregato
socio-economico (secondo una tale ottica, la presente crisi potrebbe
essere addirittura un'occasione, non avendo intaccato che l'Europa
“orizzontale” e forse favorendo persino il ricordo di un'altra
Europa).
Incoronandosi
e scegliendosi come destino, insomma. Il re sarebbe tornato, in un
giorno di nebbia, dicevano i vaticini, restaurando
l'antico splendore portoghese e instaurando
il Quinto Impero, somma e sintesi dei precedenti quattro, elencati
dalla profezia di Daniele. Ecco la variazione pessoana sul tema, che
chiude Messaggio,
canto del Portogallo ma dell'Occidente intero:
Tutto è disperso, niente è intero.
Portogallo,
oggi sei
nebbia.
È l'Ora!
Valete,
Fratres.
È l'ora. Che il Re venga disvelato, che i
frammenti di un sogno – lungo svariati secoli – possano
costituire una compagine organica, atta a farci transitare oltre il
declino, oltre la catabasi dell'ortodossia economica, oltre la
storia, oltre l'Occidente.
L'Europa è (ancora) una missione.
Pessoa ne è il cantore.
Andrea Scarabelli
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