sabato 22 ottobre 2011

Il Diavolo di Pessoa rivisitato

L'ultima ora del Diavolo. Dialogo postumo tra Maria, il Diavolo e Fernando Pessoa.
Dramma statico a quattro voci.

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Testo: Andrea Scarabelli. Voci: Rita Catania Marrone, Igor Comunale, Emanuele Guarnieri, Andrea Scarabelli. Musica: Federico Saponiere. Selezione delle immagini: Igor Comunale, Rita Catania Marrone, Emanuele Guarnieri.

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NARRATORE: “Fernando Pessoa chiese gli occhiali, si addormentò / e quelli che scrivevano per lui lo lasciarono solo / finalmente solo / così la pioggia obliqua di Lisbona lo abbandonò / e finalmente la finì di fingere fogli / di fare male ai fogli”1. Così un cantautore italiano celebrava la fine del poeta portoghese unico e multiplo. Pessoa fece di se stesso frammento, tessera di un mosaico in mano ad antiche divinità dimenticate. Entrato nella notte dell'anima, ne uscì quadruplicato, quintuplicato, decuplicato. Allo specchio, vide una folla di se stessi: ne infranse la superficie tremolante e, in preda allo sgomento, diede un nome alle schegge: Álvaro de Campos, Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Antonio Mora furono alcuni dei figli della sua scrittura. “A volte – scriveva – mi sento all'improvviso proprietà di qualche altra cosa. Il mio braccio destro, ad esempio, comincia a essermi sollevato in aria senza che io lo voglia. (É evidente che posso resistere, ma il fatto è che, la volta che è successo, non ho avuto intenzione di alzarlo) […]. Si chiederà quale sia il turbamento che tutto ciò mi provoca, perché questi fenomeni – del resto ancora così rudimentali – mi possono tanto preoccupare”2...

FERNANDO PESSOA: …“Non è la paura. Ho più curiosità che paura, sebbene si verifichino delle cose che mettono un certo timore, come quando varie volte, guardandomi allo specchio, il mio volto sparisce e mi appare la sembianza di un uomo con la barba, oppure di un altro uomo (sono quattro in tutto quelli che mi appaiono)”3. Ora i miei figli di carta se ne sono andati per sempre, ma le mie proiezioni non mi lasciano tregua; e mi ritrovo qui con un diavolaccio che evocai anni fa e con la compagna terrestre che gli assegnai, Maria. Eteronimi, altri eteronimi anche loro! Rifrazioni di questa mia testa stanca, invenzione di se stessa. Almeno mi fanno compagnia. Può un uomo contare solo sui propri fantasmi?

MARIA: Proiezioni? Di un poeta? Quale suprema invenzione! Come se non fossi tu stesso una proiezione! Credi forse che questo dialogo abbia luogo fuori dalle tue fantasie? Sai bene, caro mio, che noi non siamo che spettri dei tuoi abissi interiori e che, in realtà, non stai dialogando che con te stesso.

FERNANDO PESSOA: Ebbene, se tutte le altre voci sono sparite, che il silenzio culli queste nostre parole – che non esistono, come d'altra parte voi stessi. Ed io, suprema finzione di me.

MARIA: Il tuo silenzio avrà sempre troppi occhi ed orecchie. Questo tuo diavolo, che incontrai anni fa e che riempì d'inchiostro le tue carte sparse, ora reclama giustizia! Ed io con lui.

IL DIAVOLO: Il tuo diavolo ti è sopravvissuto, caro mio. A te a tutti i tuoi amici invisibili, a Campos e Reis. Un tempo ti guardavi allo specchio e vedevi quattro persone. Sulla sua gelida superficie, allora, le costellazioni siderali del tuo universo delirante si scambiavano sguardi d'odio e di vendetta. Essi sono ora scomparsi e, sulla superficie lucida, non vedi che il triste tremolio del mio volto. Ciò non ti spaventa? Non temi il tuo dèmonio?

FERNANDO PESSOA: Non ho nulla da rimproverarti, amico, e tu nulla da rimproverare a me, perché dovrei temerti? Se poi ti riferisci a quella vecchia faccenda di colui che fa il Bene tentando di fare il Male4, le tentazioni, le seduzioni, non ti preoccupare. L'uomo non sa più che farsene di te; non fosti tu stesso a dichiararti un “povero mito […] inoffensivo”5? Il male che reca il marchio umano non ha più bisogno dell'espediente diabolico – né di quello divino, d'altra parte. Sei superato, caro mio. Chi si voterebbe a te, oggi come oggi, e non a se stesso? “L'umanità è pagana. Mai qualche religione l'ha penetrata […]. Quando adora gli dèi, li adora come feticci. La sua religione è una stregoneria. Così è stato, così è, e così sarà. Le religioni sono solamente ciò che straripa dai misteri del profano e da esso non è inteso, poiché, per natura, non può esserlo. Le religioni sono simboli, e gli uomini prendono i simboli non come vite (che sono), ma come cose (che non possono essere)”6.

MARIA: Sono? Possono essere? Questa è buona, detta da chi forse nemmeno esiste, se non nelle stanche fantasie di un vecchio poeta! Come puoi parlare di esistenza e non-esistenza tu, confinato nei domini della fantasia?

NARRATORE: Che il dèmonio non esista! Ecco la suprema menzogna del dèmonio!

IL DIAVOLO: E perché non di Dio stesso? Non siamo poi così distanti, in un'epoca in cui i politeismi vengono somministrati dagli uomini stessi, a loro uso e consumo! Ma, in verità io ti dico, c'è qualcosa di peggio della non-esistenza.

MARIA: Vale a dire?

FERNANDO PESSOA: L'unicità.

MARIA: L'unicità?

IL DIAVOLO: Come ogni petto contiene tante anime, forse tutte le anime, così l'Olimpo contenette molteplici dèi e così il Walhalla, come anche il monte Meru.

FERNANDO PESSOA: L'unicità è una bestemmia. Che non vi sia un dio ma sempre e solo dèi, infinite gerarchie di dèi, lunghe catene di mondi incastonati nell'etere siderale. Questo me lo disse una vecchia signora inglese, amante di thè, pasticcini e antiche civiltà: ogni Dio è uomo di un altro Dio...

MARIA: … Anello di una infinita catena di infiniti mondi, infiniti universi, infinite Intelligenze Supreme; anelli di una lunga catena forgiata eoni prima che l'arcolaio del Tempo iniziasse a tessere le vicende umane...

IL DIAVOLO: … E tutto, arcano supremo, racchiuso in ogni uomo, in ogni atomo, in ogni goccia di rugiada e in ogni lacrima…

FERNANDO PESSOA: … In un granello di sabbia di una spiaggia che ci attende oltre il mare che sfidiamo, oltre l'onda che genera l'altra schiuma che l'orizzonte tiranno ci impedisce di scorgere. Questo, una volta, tentai di dire al Portogallo, per ricordagli un antico destino...

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IL DIAVOLO: L'unico è una falsità. L'uno è una proiezione del due. Con queste mie parole di fuoco, suggello una pluralità assoluta, dentro e fuori di noi che non vuole essere stroncata in unità – forse Fernando ne sa qualcosa? Riduci il silenzio, intorno a te, e migliaia di voci popoleranno la desolazione delle tue notti. Infrangi la barriera dei tuoi sensi e scoprirai di essere molti, più di quanti immagini.

MARIA: Forse troppi.

FERNANDO PESSOA: Mai abbastanza, comunque e in ogni caso.

MARIA: Il mondo è plurale. Iddio è plurale: tre non sono sufficienti, né a noi, né a Lui. “Nei vasti cieli stellati / che stanno oltre gli spazi, / sotto il governo di fati / che nessuno sa quel che sono, / ci sono sistemi infiniti, / astri, centri di mondi loro, / e ogni astro è un Dio. / Eternamente esclusi / gli uni dagli altri / ciascuno / è un universo. / Mondo dentro altri mondi, / infinità variate, / molti abissi / senza fondo”7.

FERNANDO PESSOA: Ma la pluralità è un simbolo, mi pare di aver sentito. “Assorbiamo gli dèi tutti! […] Essere tutto, in tutte le maniere, perché la verità non può consistere nel mancare ancora qualcosa! Creiamo, così, il Paganesimo Superiore, il Politeismo Supremo! Nell'eterna menzogna di tutti gli dèi, solo gli dèi tutti sono la verità”8. Lo lessi, una volta, su un giornale, ma, allora, ero un altro.

IL DIAVOLO: Tutto ciò che passa è un simbolo9. Lo disse – ovviamente, ispirato dal sottoscritto – quel tedesco che mi inserì in una tragicommedia campagnola. L'uomo è un simbolo.

FERNANDO PESSOA: E il suo mondo...

MARIA: … E i suoi dèi...

IL DIAVOLO: … tutti simboli, non c'è dubbio. Il mondo è un mosaico cifrato, un mucchio di geroglifici che invitano lo sguardo ad attraversare e superare...

MARIA: Che cosa?

IL DIAVOLO: L'orizzonte, che rende i nostri occhi ciechi ad altri popoli, e la volta celeste, che filtra le sillabe di Altre Intelligenze...

FERNANDO PESSOA: …le parole, che velano la Parola, la Storia, involucro del Mito...

MARIA: Le parole, la Storia...

FERNANDO PESSOA: … che cessano, per chi sappia vedere oltre, per lasciare posto ad un luogo nel quale tutte le parole sono una parola, tutti i popoli sono un popolo, tutte le intelligenze sono una intelligenza, e la testa recisa di Orfeo canta ininterrottamente la poesia delle origini. “Ma Dio non ci dà licenza di partire”10 – chissà poi perché. Che non sia ancora giunta l'ora?

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IL DIAVOLO: Qui nel mondo sublunare, d'altra parte, le cose non vanno poi così bene. Gli uomini sigillano con il sangue le loro unioni. Non conoscono più gli altari ma solo mattatoi. L'uomo violenta ciò che gli è stato dato in dono. Assumete il mio sguardo, per un istante, e capirete che i conflitti e le faide, gli eccidi e le esecuzioni non sono solo inutili ma anche falsi, poiché “tutte le religioni sono vere, per quanto possano sembrare tra di loro opposte. Sono simboli differenti della stessa realtà, sono come la stessa frase detta in varie lingue; tanto che non si intendono gli uni con gli altri anche dicendo la stessa cosa. Quando un pagano dice Giove e un cristiano dice Dio stanno mettendo la medesima emozione in termini diversi dell'intelligenza: stanno pensando differentemente la medesima situazione”11...

FERNANDO PESSOA: …“Un selvaggio guarda la tormenta nello stesso modo in cui un ebreo guarda Geova, un selvaggio guarda il Sole nello stesso modo in cui un cristiano guarda Cristo”12...

IL DIAVOLO: …“Perché il tuono e Geova, il sole e Cristo, sono simboli diversi della stessa cosa. Viviamo in questo mondo di simboli, allo stesso tempo chiaro e oscuro – tenebra visibile, per così dire, e ogni simbolo è una verità sostituibile alla verità finché il tempo e le circostanze restituiscano quella vera”13. Ma questa verità si fa desiderare e a noi non rimangono che i frammenti di un sogno, dal quale è bene non destarsi. Mai.

MARIA: Queste tue fantasie, mio caro, non cambiano la situazione. Poiché mai ti udii prima, se non quella sera – magari dopo qualche bicchierino – è evidente che non esisti e che sei solo un impostore. Non sei che un'altra maschera di colui che ora ci ospita, questa è la verità.

IL DIAVOLO: Come se non potesse esservi altro, oltre esistenza e non-esistenza! Non ricordi, Maria? Non ti ha ancora insegnato nulla tuo figlio, mio figlio? Tra esistenza e non-esistenza c'è qualcosa di intermedio, che rende esistente ciò che non lo è e dissolve ciò che è in ciò che non è più. Sono un'anima mercuriale che crea dal nulla, come Iddio prima della sua caduta in concetto religioso, della sua formulazione in parole profane ad uso dell'umanità...

MARIA: Ciò mi giunge famigliare ma, al tempo stesso, così oscuro...

IL DIAVOLO: Sono il nume tutelare dell'immaginazione. Forse l'hai scordato? “Non hai mai pensato al Principe Azzurro, all'Uomo Perfetto, all'amante inesauribile? Non hai mai sentito accanto a te, in sogno, qualcuno che ti accarezzasse come nessuno ti accarezza, qualcuno che fosse tuo come se tu facessi parte di lui, qualcuno che fosse, al contempo, il padre, il marito, il figlio, in una tripla sensazione che è solo una”14? Ero io quei tre in uno.

MARIA: Forse ricordo, la musica, il chiaro di luna...

IL DIAVOLO: Potrai trovarmi sulle soglie, tra gli interstizi, dove mondi interi non hanno ancora deciso se affrontare la follia dell'esistenza manifesta oppure cullarsi, ancora per un po', tra le fantasie oniriche del demiurgo universale. Sono colui che regge ciò che ancora non è, ma che è già immaginato e plasmato da quell'artefice che continua, imperterrito, il proprio soliloquio, nella galleria più oscura del tuo cuore. “Sono il maestro lunare di tutti i silenzi. Ti ricordi di quel che hai pensato quando, da sola, ti sei trovata innanzi ad un gran paesaggio di albereti al chiar di luna? Non te lo ricordi perché hai pensato a me”15. Le mie parole sottraggono gli uomini alla tirannia della realtà, di modo che il prigioniero, anche nello spazio angusto della sua cella di carne ed ossa, possa ricordare quel tempo molto lontano nel quale era simile a Dio.

FERNANDO PESSOA: Ne ha fatta di strada la mia creatura di carta, vedo.

IL DIAVOLO: Ne hai fatta di strada tu, mia creatura, mia figura. Da sempre reggo la musica delle sfere, la sottile armonia che mette in moto il cosmo16 e che fece brillare gli occhi a Pitagora e Agostino. Discepoli di dèi molto diversi, furono mie e di nessun altro le parole che udirono nelle profondità stellari. Mi affacciai dallo specchio di Cesare, come suo doppio, la sera prima di quel tragico mattino di Marzo. Fui con Fetonte, quando rovinò al suolo sul carro di Helios, e con Gilgames, quando con Enkidu tentò di forzare le porte della mortalità. Inoculai in Gorgia la persuasione di Elena, la mia voce ispirò Tiamat di Babilonia e voi europei, verso una Eldorado che abbagliava i vostri presunti principi morali.

NARRATORE: Io, Aguirre, furore di Dio, sposerò mia figlia, e insieme fonderemo una stirpe di dei immortali17.

IL DIAVOLO: Fui accanto a tutte le genti. Nessuno è immune al mio balsamo, al mio nettare e alla mia ambrosia. Nemmeno Odisseo, al ritorno ad Itaca, riuscì a quietare il suo animo e volle scalare la montagna del Purgatorio. E anche a Faust e Blake18 – per poi non parlare di Milton, che mi fece professore di rettorica – non sono così estraneo. Come vedi, non mi mancano di certo discepoli. Per poi non parlare di scienziati e avventurieri. Un'unica stella orientò le loro rotte. Ebbene, quella stella ero io, Venere, la Stella del mattino.

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MARIA: La storia del diavolo è la cronologia del genere umano. Tante voci, tante maschere, ma una sola moltitudine19...

IL DIAVOLO: Scruta nel fondo del tuo Io e, in mezzo al coro di voci che udirai chiacchierare di eventi presenti, passati e anche futuri, scorgerai il mio lamento, greve ed eterno. Trova l'unico nei molti, sii plurale come l'universo20, ti dico!

MARIA: Eppure questa pluralità si assottiglia sempre di più, fino a diventare geometria. Scorgo qualcosa, alla fine della galleria, come se il vortice dei frammenti nascondesse un centro muto, come quegli scogli che si ergono solitari in mezzo al mare, tra il ruggire delle correnti e le urla della spuma bianca.

FERNANDO PESSOA: Algebra superiore ed inferiore, niente di più. Ciò che sta in alto...21

MARIA: Ma a che punto siamo arrivati? Le parole non riescono più a tradurre ciò che ora vedo con una chiarezza che mai avrei immaginato. Tutto è ora di cristallo, il mondo non ha più segreti e la Parola si libra di nuovo al di sopra delle Acque inferiori plurali e palpitanti.

IL DIAVOLO: L'iniziazione, mia e vostra, è ormai conclusa. Così ha voluto una volontà superiore alla nostra. Solo adesso capirai la verità più l'alta, forse l'unica.

MARIA: La verità, una verità finalmente, ma quale?

IL DIAVOLO: Non riesci a capire? L'unica verità che resiste alla corrosione è che “qui, in queste sfere superiori, da dove si è creato e trasformato un mondo, noi, per dir la verità, non capiamo nulla”22. Nulla ci tocca delle speculazioni umane e delle sue chirurgie. Unicità e molteplicità, silenzio e parola, spirito e materia, uomo e Dio. Niente di niente, non è affar nostro. Noi non sappiamo nulla di iniziazione, religione o altre faccende terrestri. Non ci riguarda.

FERNANDO PESSOA: Proprio nulla? Ne sei così sicuro?

IL DIAVOLO: Di certo meno di quanto possiate capirne voi umani; “mi affaccio a volte sulla vasta terra, steso sul margine del mio altopiano che tutto sovrasta […] e ogni volta […] vedo religioni nuove, nuove grandi iniziazioni, nuove forme, tutte contraddittorie, della verità eterna, che neppure Dio conosce. Ti confesso che sono stanco dell'universo. Sia Dio che io dormiremmo ben volentieri un sonno che ci liberasse delle cariche trascendenti di cui, noi non sappiamo come, siamo stati investiti. Tutto è molto più misterioso di quanto si creda, e tutto questo qui – Dio, l'universo ed io – è soltanto un cantuccio menzognero della verità inattingibile”23. Ma che importa all'umanità di questo Verbo? Credo, anzi, che il tempo di congedarmi da voi sia ormai giunto. Che se ne fa la sapienza umana di queste nostre parole? Essa, piuttosto, non fa che spingermi verso la mia ultima ora.

FERNANDO PESSOA: Che, poi, è anche la nostra.

MARIA: Persino il diavolo che generò mio figlio ora non è che un ricordo, perso tra le fredde rotte di pianeti sempre troppo lontani... padre... padre...

FERNANDO PESSOA: Non chiedermi nulla. Non sono che maschera, non sono che una pessoa24 tra tanti altri, come tu, Maria, Margherita non sei che una Gretchen tra tante. Io lo so – ora ciò mi è evidente, di un'evidenza metallica, spietata. Forse l'ho sempre saputo. Ma è irrilevante. Nell'atanòr, la materia di ciò che ero si è putrefatta, sublimandosi in forma nuova, in tante altre forme nuove, in tanti uomini, che ora mi abbandonano a me stesso. Maschere, nulla più. Ma più sincere degli esseri umani, questo è poco ma sicuro. E ora sono giunto ad un livello in cui esse non sono che scoria – ma scorie più significative di una vita intera passata tra gli uomini, nella falsità dell'interezza e dell'unicità. Maschere che ora escono di scena; non mi resta che seguirle.

IL DIAVOLO: Scruta in te e, in un delirio di lucidità, vedrai infrangersi quelle onde, sulle alte scogliere di opale oltre l'orizzonte. “Anche nell'abisso ci sono geologie”25 – e ciò che vedi, hai visto e vedrai non è che abisso. Guarda dentro di te: sei già oltre il mare, oltre le onde, oltre le correnti, a rincorrere quel sogno che animò la geografia spirituale del tuo popolo.

FERNANDO PESSOA: La verità è oltre il mare, nel Lontano. Là, un eterno mezzogiorno non crea distinzione tra ogni uomo e la sua ombra26. Potessi raggiungere simile interezza! “Mi hanno subito riconosciuto per chi non ero, e non l'ho smentito, e mi sono perso. / Quando ho voluto togliermi la maschera, / era attaccata al mio viso. / Quando l'ho tolta e mi sono visto allo specchio, / ero già invecchiato”27. Ciò non è che memoria. S'infrange la placenta onirica che ha velato troppo a lungo il mio sguardo... devo raggiungere i miei compagni di avventura...

IL DIAVOLO: … E la lucidità del neofita si sublima in sillaba trascendentale. Finalmente. Spicca il volo, sopra i tetti delle città, che la piccola umanità sia sotto il tuo piede, librati verso il Lontano, verso un altro mare, verso un'altra vita. Là ti attendono le tue creazioni di carta. Riesco persino a vederle. Il sogno di un'altra terra, di un'altra vita, di un'altra costa, che da secoli spinge il tuo popolo oltre l'Europa, oltre l'Occidente, oltre l'ombra verso una nuova luce, acquisisce consistenza.

FERNANDO PESSOA: Ora ho coscienza che questo dialogo avviene dentro di me. Non è mai esistito al di fuori. Io sono questo dialogo. E ora voglio che finisca, che questo diavolo scompaia – e io con lui. Ciò che doveva essere fatto è stato fatto. Le scogliere imbiancate dalle onde ci attendono. Riesco, infine, a scorgerne le forme, attraverso le nebbie di un nuovo mattino. Che la nostra nave terrena naufraghi, 'ché possa iniziarsi un nuovo viaggio. Fino ai poli, ancora più su.

IL DIAVOLO: “Infin che 'l mar fu sovra noi richiuso28.

FERNANDO PESSOA: Valete, fratres29.

NOTE
1É l'inizio della celebre canzone di Roberto Vecchioni, Le lettere d'amore, ispirata alla omonima poesia dell'eteronimo pessoano Álvaro de Campos.
2F. Pessoa, Lettera alla zia Anica, in Pagine esoteriche, a cura di S. Peloso, Adelphi, Milano, 1997, pp. 30-31.
3Ivi., p. 31.
4O viceversa. Le opinioni sul mio operato sono piuttosto contrastanti [Nota del Diavolo].
5F. Pessoa, L'ora del diavolo, a cura di T. R. Lopes, traduzione di R. Mulinacci, Passigli, Firenze, 1997, p. 27.
6Ivi., p. 17.
7F. Pessoa, Faust, a cura di M. J. de Lancastre, Einaudi, Torino, 1991, pp. 91-93.
8Intervista a F. Pessoa, apparsa su Revista Portuguesa, N. 23-24, 13 ottobre 1923, in F. Pessoa, Scritti di sociologia e teoria politica, a cura di B. de Cusatis, Settimo Sigillo, Roma, 1994, p. 152.
9Alles Vergängliche ist nur ein Gleichnis. É la celebre chiusura del Faust di Goethe.
10F. Pessoa, Notte, in Messaggio, a cura di P. Collo, Passigli, Firenze, 2003, p. 117.
11L'ora del diavolo, cit., pp. 19-20.
12Ivi., p. 20.
13Ibidem.
14Ivi., p. 14. La citazione è lievemente modificata, e così le altre a seguire, per ragioni di coerenza interna del testo: nell'originale, il Diavolo da del lei a Maria.
15Ivi., p. 22.
16Nonostante i suoi vecchi meccanismi siano spesso da oliare, operazione che, ovviamente, i Superiori hanno destinato al sottoscritto [Nota del Diavolo].
17La frase, recitata da Klaus Kinski, chiude il celebre film di Werner Herzog Aguirre, furore di dio, nel quale viene tematizzata la follia colonialista dei conquistadores, in cerca di una Eldorado da saccheggiare e sfruttare.
18Cfr., in particolare, i Proverbs of Hell di Blake, in The marriage of Heaven and Hell.
19La celebre formula dà il titolo ad una compilazione, in due volumi, curata da Antonio Tabucchi per i tipi di Adelphi, di scritti pessoani.
20É il motto di Alberto Caeiro, un eteronimo pessoano. Esso ben potrebbe applicarsi anche al sensazionismo professato dall'ingegnere navale Álvaro de Campos, l'eteronimo votatosi al futurismo.
21... è come ciò che sta in basso. È la celebre espressione di Ermete trismegisto, contenuta nella Tavola Smaragdina.
22Ivi., p. 28.
23Ibidem.
24Pessoa, in portoghese, significa persona.
25Ivi., p. 9.
26Sul simbolismo del mezzogiorno, cfr. il nietzschiano Così parlo Zarathustra.
27Á. de Campos, Tabaccheria, in F. Pessoa, Poesie di Álvaro de Campos, a cura di M. J. de Lancastre, traduzione di Á. Tabucchi, Adelphi, Milano, 1993, p. 207.
28Dante, Inferno, Canto XXVI.
29L'espressione chiude la composizione pessoana Mensagem.

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